V DOMENICA Di pasqua
24 aprile 2016

Oggi le letture ci parlano ancora della Chiesa come realtà del cielo e della terra.  Decisamente della terra, anzi della storia, è la Chiesa di cui ci parla la prima lettura con il resoconto dell’entusiasmante, ma non senza pericoli, primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba. Confermando nella fede le primitive comunità cristiane non nascondono loro che “dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. Per entrare in questo regno, Dio indica a tutti, compresi i pagani (ecco la grande novità), “la porta della fede”.
La porta è il grande segno dell’attuale Giubileo, ma ci ricorda anche l’Anno della Fede voluto da papa Benedetto XVI. Si, la fede è come una porta per entrare e per uscire. Nella seconda lettura, la fede diventa come una porta che improvvisamente ci fa uscire dal nostro oggi e si spalanca su un infinito di speranza e di eternità: “Io Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più”. Dopo l’estenuante lotta tra il bene e il male sulla scena della storia, ecco che il sipario si apre sull’ultimo atto, la vittoria finale di Dio.  “E vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo”. È la Chiesa del cielo, di cui quella della terra né è il riflesso e l’anticipo. Lì sarà finalmente pieno il godimento alla presenza dello Sposo, “Egli sarà il Dio con loro”, e proprio in virtù della sua presenza Egli può fare “nuove tutte le cose”, in cielo in modo pieno, qui sulla terra nei suoi inizi.
È questo il senso della “glorificazione” di cui parla Gesù subito dopo che Giuda è uscito dal cenacolo per tradirlo. La croce e la risurrezione di Gesù Cristo sono la gloria finale di tutta la sua vicenda terrena e del Padre che l’ha mandato, un po’ come il frutto è la gloria del seme ed anche del contadino che l’ha seminato.
È la stessa gloria che possiamo dare anche noi a Gesù se viviamo il suo comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi”. Nuovo perché la novità è Gesù Cristo che, con la sua croce ci ha fatto vedere come si ama, e con la sua risurrezione ci da il perché possiamo farlo. Allora la fede diventa quella porta che ci fa entrare nella casa della misericordia, che è la Chiesa, dove davvero già qui ed ora si può vivere quella novità di vita che è l’amore di Dio, capace davvero di fare già qui “nuove tutte le cose”.
E sarà anche, di fronte al mondo, il nostro vero segno distintivo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni gli altri”.

Don Francesco Maria